Tornando alle radici delle mie esperienze con la meditazione mi viene in mente un ricordo ben delineato. Era Domenica, ed io ero insieme ad altre persone fra i colli fiorentini. Eravamo ospiti di una struttura fondata su un antico monastero, di cui rimanevano ormai solo alcune pietre. La dimora era diventata una casa di campagna, gestita da alcune persone intente a rinsaldare il rapporto fra l’uomo e la Terra. Ne parlo perché credo che anche l’ambiente in cui si medita abbia una sua influenza. C’era un ampio giardino e il bosco ovunque.
Durante la mattina la conduttrice ci invitò a danzare liberamente: ricordo la sua abilità nell’usare le parole giuste al momento giusto, nel facilitarci e sostenerci in una libera e spensierata espressione del corpo. Dopo, ci sedemmo rimanendo in silenzio, ad occhi chiusi. Non saprei dire come, ma gradualmente la mia mente si acquietò ed emerse uno spazio profondamente silenzioso. Lo spazio e il tempo, senza che me ne accorgessi, erano diventati un solo punto, fino a scomparire del tutto. C’è stato un frammento, durato non so quanto, in cui potrei solo dire che la coscienza aveva iniziato ad avvolgersi su stessa, osservando soltanto se stessa. Ogni fenomeno era scomparso. Era così totale, quel frammento, che posso solo riferire ciò che avevo vissuto appena prima e appena dopo, ma non durante. Eppure, ero sveglio.
Dopo quei minuti, le indicazioni furono quelle di riaprire gli occhi e ritornare alla consapevolezza quotidiana, a cui seguì una condivisione dei partecipanti. L’unica cosa che riuscii a riferire della mia esperienza fu “Ho capito che io non esisto”. Capisco, l’espressione può sembrare buffa, ma in quel momento erano le parole più vicine alla mia esperienza.
Ovviamente ero ritornato alla percezione quotidiana, ma c’era qualcosa di quella profondità che stava continuando ad avere effetto. Nelle ore successive, nelle fasi di meditazione o di silenzio, la consapevolezza sembrava essersi così affinata che potevo udire con grande chiarezza gli uccelli cantare, tanto da sentirne molto più distintamente le onde sonore che il loro canto generava, fino a sentire i minuscoli spazi fra un cinguettio e l’altro. Passeggiando per il prato, lo svolazzare delle farfalle mi appariva molto più armonioso e continuo, come se gli occhi potessero registrare più immagini per volta: fra un battito d’ali e l’altro vedevo il muoversi delle ali, quasi come se fossero viste in slow motion, ma senza un rallentamento della mia percezione del tempo.
Credo che quel picco di consapevolezza sia stato un punto importante nella mia “storia d’amore” con la meditazione. La vedo come un’esperienza fra le tante, che molte persone mi hanno riferito in questi anni di pratica, non c’è niente di speciale in questa esperienza. Però devo ammettere che ha aperto una finestra su uno spazio che prima non avevo mai visto, permettendomi di sbirciare un po’ e soprattutto facendomi comprendere che c’era molto altro da comprendere.
E voi? Quali esperienze vi sono rimaste dentro grazie alla meditazione e alla Mindfulness?