Accolgo i pazienti su due comode sedie nere, nel mio studio in cui utilizzo sia la Psicosomatica che la Gestalt. All’inizio le persone spesso parlano del loro problema, quasi sempre dialogando con se stesse. Mentre dialogano e condividono il mondo interiore, emergono più posizioni, ad esempio:
Emergono diverse voci interiori, spesso in conflitto, che si avvicendano e nel dedalo delle loro argomentazioni le persone spesso si smarriscono.
Uno delle proposte che faccio è quello di invitare a fermarsi e ad ascoltare Nonostante quel tumulto interiore, è raro che la persona si fermi e guardi senza giudicare e senza intervenire. Spesso vogliamo subito risolvere il problema… e dare ragione ad una fazione!
Mentre ascoltiamo, iniziamo a comprendere. Questo è uno dei punti di forza della mindfulness. Il solo fatto di non parteggiare, infatti, permette di iniziare la riconciliazione delle posizioni diverse. Quando si ascolta, ci si può immedesimare maggiormente nell’altro, e questa comunicazione più efficace fa emergere nuove consapevolezze.
I pazienti a questo punto iniziano a dirsi:
Può succederci infatti che creiamo una relazione nuova con le voci interiori. Una relazione può essere di vicinanza e supporto, di ostilità, di contrapposizione, di amore, genitoriale… Ma ciò che ci permette di scegliere con quale nuova relazione stare con le nostre parti interne è la consapevolezza.
Se iniziamo a conoscere come è essere noi stessi, infatti, non lasceremo decidere ad una parte di prendere il comando della nostra vita, o di distrarci, confonderci o metterci in conflitto. Quella voce all’inizio le persone non la ascoltano, perché siamo stati abituati a non essere noi stessi, ma ad adattarci a scapito della nostra vera vita.
Quella voce non è una delle tante voci, è il centro del nostro essere, il senso di essere veramente nel mondo che ci chiama. Più la ascoltiamo, più ci integriamo. Più ci integriamo, più la nostra vita splende e l’Essere brilla attraverso di noi.
Pratica consigliata: Pratica di consapevolezza