In questa intervista a Jon Kabat-Zinn, fondatore del programma MBSR, e Richard Davidson, neuroscienziato della meditazione, vengono fatte domande acute: quando pratichiamo Mindfulness stiamo utilizzando una pratica spirituale? Di seguito sono riportati stralci delle risposte tradotte.
Intervistatore: “Penso che molte persone direbbero che la mindfulness origina dal buddhismo e dalla meditazione buddista, il che solleva la domanda: la mindfulness, nel senso occidentale del termine, è un derivato del buddhismo oppure no?”
JKZ: “Il buddha non era un buddista, quindi questa domanda è in realtà un po ‘complicata. Quindi, abbiamo trasformato il buddha in qualcosa di grande, ma nel suo insegnamento fondamentale si può pensare a lui più come uno scienziato, come un Galileo o un Einstein, qualcuno con una visione molto profonda della natura della propria esperienza, con un linguaggio e una struttura, i metodi e gli strumenti di laboratorio per esplorarla. Questo è ciò che riguardano queste pratiche meditative, e sì, una religione è cresciuta intorno ad essa. Ma qual è il cuore della buddhismo? È stato detto che è la Mindfulness, ovvero il prestare attenzione, e dobbiamo chiederci: quanto è buddhista il prestare attenzione? Oppure la gentilezza amorevole o la compassione, quanto sono buddhisti?
Quindi se ci immergiamo nell’essenza che è sempre stata lì, allora quel genere di domande diventa davvero di secondo ordine, non è che stiamo cercando segretamente di trasformare tutti in buddhisti come se fosse il nostro programma nascosto.”
Intervistatore: “Bene, allora fammi passare alla prossima domanda, la Mindfulness è una pratica spirituale?”
JKZ: “Beh, dipende da cosa intendi con la parola spirituale. Tendo a stare alla larga dalla parola spirituale come se avesse una specie di effetto tossico, perché le persone si affezionano molto alla propria visione spirituale e proiettano questa distinzione anche su tutti gli altri, che non sono altrettanto spirituali come loro stessi. Quindi la mia definizione di spirituale è ciò che significa essere veramente umano, e lo lascio a questo, è come dire… “chi può saperlo? […] Cosa non è spirituale quando portiamo presenza e consapevolezza a cuore aperto nella nostra vita? È come ripulire il nostro vedere il mondo, che in un certo senso si rischiara.”
Quando pratichiamo Mindfulness non stiamo riducendo il buddhismo ad una pratica secolare, né stiamo togliendo qualcosa ad una pratica che acquisisce senso solo all’interno di una religione. La pratica della presenza e della consapevolezza del momento presente è una possibilità dell’essere umano, che prescinde dalle caratterizzazioni che abbiamo visto essere sorte nella storia. La Mindfulness è tanto connaturata all’essere umano quanto le sue mani.
Da quando Jon Kabat-Zinn ha sviluppato il suo programma per lo sviluppo della Mindfulness, questa posizione laica, non anti-spirituale, ha iniziato a diffondersi. Non abbiamo bisogno di negare la parte spirituale dell’essere umano per praticare Mindfulness o per inserirla all’interno del contesto scientifico.
La scienza, infatti, non nega la spiritualità, solo ha metodi diversi di indagare. Negli ultimi decenni la Mindfulness è diventata quindi un’occasione per studiare attraverso gli strumenti della scienza un’abilità umana che è stata considerata, erroneamente, esclusivamente spirituale.
I programmi MBSR e Mindfulness Psicosomatica non hanno snaturato la pratica della Mindfulness inserendola nel contesto scientifico, non hanno eliminato o diluito la parte “spirituale” che la pratica può portare con sé, ma la hanno resa accessibile al contesto occidentale moderno riportandola all’essenza e togliendo gli aspetti storici e religiosi che vi sono stati appoggiati sopra. La Mindfulness è una possibilità connaturata all’essere umano, che la può vivere da molteplici e non esclusive angolature.
Tuttavia, possiamo anche comprendere che questa pratica contiene potenzialità latenti che se emergono vengono di solito attribuite al mondo “spirituale” o “religioso”: questa è una confusione data dal nostro condizionamento culturale.
Percepire il proprio corpo come una totalità intrisa di coscienza, può farci pensare per esempio che stiamo contattando la nostra “anima”, quando invece questa potrebbe essere una buona occasione per osservare come la nostra mente attribuisce etichette, nomi, ad ogni esperienza.
Jon Kabat-Zinn chiede: cosa è veramente spirituale? Essere gentili è spirituale? Guardare negli occhi nostro figlio è spirituale? Seguire dei rituali è spirituale? Abbiamo molte idee se cosa sia o non sia la spiritualità, che, vorrei far notare, sono tutte basate sulla divisione fra ciò che è spirituale e ciò che non lo è. Potremmo mettere dall’altra parte il mondo materiale, sessuale, corporeo, economico, o anche la vita quotidiana.
Abbiamo anche la possibilità di mettere da parte questi pensieri circa cosa sia spirituale e cosa non lo sia, di sospenderli e vedere direttamente la natura della nostra esperienza: questa è una grande occasione che la Mindfulness ci dà.
Quando vediamo direttamente la nostra esperienza diretta, proprio ora, al di là dei pensieri, degli schemi automatici, delle nostre reazioni, cosa è spirituale e cosa non lo è?
Se sviluppiamo il coraggio di andare oltre le nostre convinzioni e guardare direttamente “cosa è reale, ora?”, lentamente il confine costruito dagli schemi cognitivi fra la spiritualità e la non-spiritualità si dissipa, e il mondo, come dice Jon, “si rischiara ai nostri occhi”.
Possiamo pervenire ad una visione più chiara, in cui non c’è divisione fra scienza e spiritualità, fra spiritualità e mondo materiale, fra buddhismo ed economia, fra economia e coscienza.
Questo è uno dei nuclei profondi del programma MBSR, e del programma Mindfulness Psicosomatica, che è possibile cogliere se vogliamo davvero guardare con consapevolezza e… praticare, praticare, praticare, per essere pienamente e veramente umani.