La mia mente vaga, stamattina. Si chiede: cosa scrivere? Come scrivere? Cosa manca? C’è un continuo muoversi di pensieri in questa testa, proprio ora, che mi accompagna, anche se devo ammettere essere un po’ fastidioso, come quando si è in un bel giardino con il traffico che ronza intorno. Questo può essere il punto di partenza per raccontarvi qualcosa del mio amore per la meditazione. Meglio: come mi sono innamorato della meditazione.
Scoprendo la Mindfulness uno dei primi benefici evidenti che ho vissuto è stato quello di riuscire a disidentificarmi dai miei pensieri. Ho iniziato a rendermi conto che i pensieri non erano me, e che potevo osservarli da una posizione diversa, uno spazio di consapevolezza puro. È un momento che ricordo molto bene: quando ho notato che c’era questo distacco, questa differenza, ho pianto di felicità. Mi sentivo davvero fortunato. Anche se non credevo fosse qualcosa di cui vantarmi, sapevo che stava capitando a me e questo mi riempiva di gioia e gratificazione. Immediatamente la mia mente è andata a rivisitare gli anni precedenti, facendomi notare che per tutti quegli anni avevo davvero creduto di essere i pensieri! Che prigione era stata! E che libertà adesso!
In quei giorni in cui credevo di aver “ottenuto” un bel risultato ero ancora più motivato nel meditare. Certamente quella è stata una spinta che mi ha mosso a rendere la meditazione parte integrante, giornaliera, della mia vita. Anche adesso sento questo profondo legame: come posso dire no a qualcosa che mi ama così teneramente?
Riflettiamo un momento: un passo avanti nello sviluppo della consapevolezza mi aveva gratificato e legato ancora di più alla pratica della Mindfulness. Sembra un attaccamento, una nuova prigione. Per mia fortuna la Mindfulness mi ha aiutato, negli anni a venire, a comprendere che quella piccola “vittoria” era passeggera, che avrei dovuto spogliarmi delle mie malsane abitudini ancora e ancora se avessi voluto continuare a camminare nel sentiero della presenza a me stesso. Quello che sembrava un innamoramento stava diventando un vero amore, fatto di profondo impegno e verità. Sentivo che l’impegno non poteva ridursi a qualche piccola gratificazione, ma che doveva andare fino in fondo.
Cosa ho appreso da tutto questo? Molte piccole cose. Per esempio che la meditazione è un’arte senza fine, senza un obiettivo finale, senza una scadenza. Che i benefici sono dei compagni in questo viaggio dentro me stesso e il mondo, ma che non dovrei gongolarmi su di essi: mi rinforzano, mi sostengono, ma non mi distolgono dalla pratica. Ho appreso anche altre cose, come il fatto che è possibile coltivare un “giardino” interno dove i pensieri vanno e vengono, senza veramente disturbarmi; un giardino che chiamo consapevolezza, le cui qualità conosco giorno per giorno.
E voi? Come vi siete innamorati della meditazione? Cosa vi spinge a praticare?