Nella tradizione buddhista antica si tramanda che il Buddha sottolineasse una pratica come più importante di tutte: appamada. Forse siamo sorpresi, perchè questo può rivelarci come in realtà anche la mindfulness abbia un presupposto. Siddhartha stesso indicava appamada come l’impronta più grande, come quella dell’elefante che è più grande e può contenere quelle di tutti gli altri animali.
Appamada è una parola in lingua pali che sta per piena attenzione, piena cura, piena dedizione. Quando ci dedichiamo con piena cura a nostro figlio lui riceve un’impronta speciale, che può farlo sentire degno di amore. Quando facciamo questo con noi stessi, osservandoci consapevolmente durante la pratica di mindfulness, riceviamo un’impronta molto grande allo stesso modo.
Così, proponendoci di dare molta cura alla consapevolezza e di non disgiungerci da essa, creiamo i presupposti per grandi cambiamenti nella nostra vita.
Se torno indietro ai miei primi anni di pratica, ho avuto chiara l’importanza di dedicarmi al meglio per essere attento, consapevole in ogni direzione e il più possibile continuamente, come un modo per star bene e scoprirmi. Durante i primi mesi, rendermi conto di aver vissuto per anni perso nei pensieri mi ha portato dolore, ma anche sollievo: potevo distanziarmi da essi. Continuare ad applicarmi ha fatto sorgere questa grande impronta che adesso rende spontaneo non identificarmi con i pensieri.
Ognuno di noi in questo momento può fermarsi e chiedersi: come mi sto applicando ogni giorno? Con appamada o con poca dedizione?
Appamada nel contesto di pratica si riferisce all’ininterrotta presenza della mindfulness nella propria vita e nel suo utilizzo nelle attività quotidiane.
Ci rende accurati e prudenti, dandoci la possibilità di valutare bene le conseguenze delle nostre scelte; ci da la possibilità di prevenire molte cadute che procurano disagio a noi e agli altri, ad esempio quando inavvertitamente parliamo in modo graffiante.
Appamada ci dona la possibilità di astenerci da ciò che ci attrae e inganna, come molto del tempo che potremmo passare sui social network o dietro ad un’altra dipendenza, credendo falsamente di trovare soddisfazione che in realtà non arriva mai.
Ci permette di non diventare auto-indulgenti, compiacenti. Ci può spronare a dedicarci con energia a ciò che consideriamo valido invece che lasciarci prendere dalla pigrizia.
Appamada ci ricorda che se vogliamo davvero volgere la nostra vita verso una sua evoluzione, è necessaria la pazienza dell’elefante che è capace di lunghi tragitti, la prudenza dei suoi movimenti per renderci consci degli effetti delle nostre azioni, la forza della sua volontà per darci vigore, le sue orecchie per essere consapevoli pienamente, la sua proboscide per lavarci da ciò che è dannoso e darci ciò è benefico.