Dopo aver affrontato il sistema della collera, fondamentale per la reazione difensiva aggressiva, passiamo adesso al versante meno coraggioso delle emozioni primarie: il sistema della paura / ansia.
Chi di noi può dire di non esserne almeno un po’ succube? È esperienza comune quella di percepirsi bloccati di fronte ad un pubblico che aspetta le nostre parole, di sentirsi agitati e intimoriti quando dobbiamo affrontare il nostro supervisore. Una minoranza non troppo piccola sente il corpo sudare freddo, tremare, il respiro bloccarsi e il desiderio impellente di fuggire se si ritrova una fobia come una altezza eccessiva, deve prendere l’ascensore o attraversare una piazza. Tuttavia, sappiamo anche quanto sia vitale la sua esistenza: chi sopravviverebbe se non apprendessimo ad attraversare la strada al momento giusto?
Questo sistema neuroemotivo produce alla sua radice una paura senza oggetto, una specie di terrore atavico. Non è una esperienza comune aver terrore fino al midollo, ma si può star certi che si fisserà nei nostri ricordi: una emozione di paura incontenibile, tremore dei muscoli o rigidità, sudore freddo, palpitazioni, una attenzione fortemente focalizzata sul pericolo. Questi sono solo alcuni degli ingredienti di una emozione che tutti gli animali percepiscono essere negativa e tendono ad evitare.
Spesso tendiamo a confondere l’esperienza della paura con quella dell’ansia. È bene sapere che esistono molti tipi di ansia, per esempio l’ansia di perdere qualcuno che amiamo, o l’ansia e oppressione che viviamo quando ci sentiamo soli, che non sono espressioni di questo sistema della paura. Dipendono invece dal sistema della tristezza / panico, che scopriremo più avanti.
La possibilità di vivere la paura primordiale fin da piccolissimi ci permette di apprendere quelle situazioni in cui è bene aver paura per… salvare la propria pelle. Infatti la paura ci permette di sfuggire per salvaguardare la nostra esistenza, ed è quindi uno strumento fondamentale che la lunga evoluzione della nostra specie ha conservato. Negli esseri umani esistono pochi stimoli, chiamati “incondizionati”, capaci di suscitare sempre la paura, per esempio il dolore fisico. Ma per fortuna o per sfortuna possiamo associare molti nuovi stimoli a questa primitiva possibilità.
Ma come fa il nostro cervello a produrre questa emozione? Sembra che il sistema innato della paura di una via a doppio senso che va dalle zone centrali dell’amigdala all’ipotalamo anteriore e mediale, e da qui alla zona chiamata grigio periacquedottale. Queste aree riescono a generare le reazioni fisiologiche, come il sudore freddo e le palpitazioni, e quelle comportamentali, fuggire e congelarsi, tipiche della paura primordiale.
Sappiamo inoltre che molte sostanze chimiche interagiscono con la paura / ansia. Per esempio la serotonina modula l’intensità dell’ansia, riducendola al suo aumentare. Un ruolo principale lo hanno l’adrenalina e la noradrenalina, che attivano il sistema nervoso simpatico, il cortisolo, che influenza anche il sistema immunitario, e molte altre molecole cerebrali.
A partire da questo funzionamento di base, è possibile per il nostro Cervello – Mente apprendere di cosa aver timore. Per nostra fortuna-sfortuna l’uomo ha una esagerata possibilità di apprendimento che ha reso molto facile apprendere a temere nuovi eventi ed oggetti, anche se questi non comportano un immediato pericolo (e anche se non comportano un “vero” pericolo per la vita!). Tutti conosciamo un amico o un’amica che ha sempre troppo timore delle novità, da cui fugge, oppure sappiamo quanto tempo passiamo ad immaginare eventi negativi che quasi certamente non accadranno, mentre altre persone si impongono limiti per non affrontare i temuti oggetti fobici.
La paura, tuttavia, blocca la possibilità di andare incontro a quell’evento, e pertanto ci evita di disconfermare la nostra paura. Quando diventa anche sottilmente presente nella nostra vita, inibisce le nostre scelte spontanee ed autentiche, ci rende circospetti e blocca la nostra creatività, inibisce la parte funzionale della rabbia e quindi l’abilità di reagire con energia agli eventi avversi.
Una iperattivazione di questo sistema si manifesta spesso come tensione muscolare diffusa, blocco del diaframma, scarsa respirazione nella zona addominale, tendenza alla vigilanza cirscospetta, inibizione dei sentimenti e comportamenti positivi (minore gioia, minore sessualità, minore amorevolezza). È anche comune una forte tendenza ad inibire le emozioni e gli istinti, così come la tendenza ad usare la razionalità in modo da evitare sia le emozioni che il corpo, ad avere la mente piena di pensieri preoccupati.
Come ho accennato, un aspetto caratteristico di questa emozione è che si auto-convalida. Questo sistema emotivo sembra dirci: “non hai tempo per capire cos’è, fuggi!”. In questo modo la paura blocca la nostra consapevolezza profonda, e non ci permette di guardare in faccia di cosa dovremmo aver paura. Tuttavia, a partire dalla fiducia nello strumento della mindfulness, possiamo predisporci a gestirla con maggiore saggezza interiore e darci la possibilità di vedere veramente se la paura è necessaria. Se non è necessaria, infatti, perché dovremmo impaurirci e soffrire? E se è necessaria, perché non dovremmo vedere chiaramente di cosa abbiamo timore?
L’esperienza della paura senza la paura della paura è ciò che la mindfulness può donarci. O meglio, è uno spazio che doniamo a noi stessi grazie ad una maggiore intimità con i nostri lati più deboli. Quando ci apriamo alla paura apriamo una porta ad un’emozione che non può gettare infinite radici, e come arriva, se ne va. Attraverso l’uso della nostra consapevolezza quell’aggiunta di terrore, ansia e timori che la nostra mente aggiunge alla basilare esperienza della paura, svanisce sotto la luce del momento presente.
1 Comment
ben fatto!!! davvero interessante. mi è piaciuto anche come è stato articolato, in modo chiaro e semplice.