La Mindfulness è uno strumento di rara efficacia contro la depressione. Leggiamo queste parole, scritte dagli esperti mondiali in questa materia:
“Quando gli schemi di pensiero automatico che portano alle ricadute vengono innescati, ci sono modi per vedere precocemente ciò che sta accadendo, come pure modi efficaci di rispondere. Questi modi non negano che esista un problema con cui si devono fare i conti, ma ci ricordano che esistono scelte, una delle quali è affrontare ciò che ci sta portando alla depressione, e la depressione stessa, in modo radicalmente diverso. Invece di rimuginare sui problemi, invece di porci domande senza risposta come “Perché proprio a me?” e “Che cosa c’è in me che causa tutto ciò?”, invece dei pensieri di fallimento che non fanno che creare circoli viziosi, esiste un’alternativa.
Il compito essenziale diventa quello di mantenere la consapevolezza, insieme con il respiro, ogni pensiero, emozioni o sensazione fisica di cui ci rendiamo conto. Come abbiamo visto, non sappiamo mai quello che potremo trovare! A tempo debito, si può arrivare a capire e a sperimentare, a un livello molto profondo, che la mente possiede una modalità di elaborare i “materiali della vita quotidiana” che è molto più saggia di quanto possiamo immaginare. Imparare ad avere fiducia che questo processo si attuerà senza interferenze da parte di altre modalità mentali, più orientate al problem-solving, è difficile.
Può essere utile un’analogia informatica. Molti comprano un computer per eseguire operazioni relativamente semplici come videoscrittura o archiviazione di dati personali. Sappiamo che la maggior parte della potenza di un normale computer da tavolo resta inutilizzata. Immaginiamo adesso che più o meno lo stesso avvenga con il corpo e la mente: la nostra mente-corpo monta un processore (il “grande computer interno”) che, se gli viene consentito, è in grado di elaborare le difficoltà e i problemi che si accumulano durante la nostra vita; che il motivo per consentirglielo stia nel fatto che è capace di gestire le cose in modo molto più saggio e delicato di quanto saremmo mai in grado di fare noi normalmente; che questa diversa modalità della mente sia sempre disponibile, anche se spesso tenuta in ombra dal turbinio della nostra vita.
Possiamo trovare utile o meno questa analogia, ma resta vero che non in tutte le situazioni è opportuno agire o tentare di cambiare le cose. Per quanto riguarda le emozioni, spesso non c’è una logica. In alcuni ambiti della nostra vita, più ci sforziamo più riusciamo a ottenere, ma questa regola si applica raramente quando si tratta di emozioni che non vogliamo sentire o di aspetti di noi stessi che non amiamo.
Può apparire paradossale, ma se affrontiamo i nostri sentimenti spiacevoli respingendoli o tentando di controllarli, in realtà finiamo per mantenerli. È l’ultima cosa che ci saremmo aspettati, ma è vero. Nell’evitare o nel “respingere” la nostra esperienza, ci limitiamo nel comprenderne il contesto più ampio. Invece, non appena accettiamo di sentirci tristi o ansiosi, in quello stesso momento è già diverso. Accettare di sentirci in un certo modo non significa che dobbiamo esserne contenti, né che alla fine verremo sconfitti e non ci resterà che arrenderci. Al contrario, ammettendo di sentirci come ci sentiamo stiamo semplicemente dicendo a noi stessi che è questo il nostro punto di partenza, in effetti siamo ora in una posizione migliore per decidere che cosa fare.”
Segal, Williams, Teasdale